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Articolo di Franca Zambonin in Famiglia Cristiana n. 49 del 9/12/2007 a pag. 182 :

Dopo vent’anni di guerra, in Uganda arriva una speranza di pace. Resta il dramma dei profughi del Nord: secchi, taniche, catinelle di plastica gialla, tante donne che li usano per far provvista d’acqua, lavare i bambini, preparare il cibo; tanti bambini timorosi, nati e cresciuti nella paura; pochi uomini e perlopiù vecchi, perchè la guerra ha decimato o disperso i giovani. Sono 67 le immagini dai campi profughi del Nord Uganda, esposte in una mostra a Roma poi a Catania, Firenze e Milano, con contributi di ingresso che saranno devoluti all’ Associazione Erika per la scuola “Santa Bakhita” che sta nel campo di Kalongo e accoglie le ragazze vittime di violenze . Questa mostra si intitola “Mar Lawoti”, in lingua acholi significa Amatevi gli uni con gli altri. E’ il grido delle popolazioni acholi, lango, teso, sfinite da un conflitto di vent’anni.
Centomila morti, i villaggi spianati. Ventimila bambini ed adolescenti rapiti dalle bande ribelli, i maschi arruolati come bambini-soldato, le femmine come schiave sessuali. Alcuni si sono salvati facendo “i pendolari della notte”. Perchè le razzie avvenivano di notte e al tramonto file di ragazzi uscivano dai villaggi con una stuoia arrotolata in testa per dormire nei cortili delle missioni e degli ospedali. Ora c’è una speranza di pace o almeno una tregua. Da un anno sono cominciati i colloqui per metter fine a questa guerra civile. Da una parte i rappresentanti del governo, dall’altra i capi del cosiddetto LRA (Lord Resistance Army, Esercito di resistenza del Signore),famigerato miscuglio di fanatismo cristiano, superstizione,spiritismo. Intanto i sopravvissuti restano nei campi profughi, li tiene in vita il soccorso internazionale, non possono tornare nei villaggi che non esistono più e hanno ancora paura delle bande ribelli. Le foto della mostra raccontano questa tragedia negli sguardi ansiosi delle donne, nei sorrisi timidi dei bambini. Le ha scattate Veronica H. Wipflinger scortata dagli addetti della Cooperazione allo sviluppo. Veronica è di Bassano del Grappa, dove la sua famiglia possiede un ristorante da quattro generazioni. Ha 37 anni, laurea in scienze naturali e da 7 anni fa parte di un gruppo carismatico “da allora cammino con Gesu’ che mi ha aperto il cuore alla sofferenza”. Il dramma dell’Uganda le è entrato nel cuore dopo aver conosciuto Prisca Ojok Auma ugandese rifugiata in Italia e ora cooperante del progetto emergenza Uganda. Prisca lavora al recupero dei bambini-soldato e delle ragazze vittime di violenze. Veronica ha passato due mesi nei campi profughi. Ha documentato le prime uscite per ricostruire le case incendiate, per zappare la terra abbandonata. “Ricominciano a vedere il verde, sperano di tirare su arachidi e miglio nel primo raccolto da vent’anni”.
Ha fotografato il lavoro delle donne “la salvezza dell’Africa”.
La pena restano i bambini “disegnano armi, si mettono in posa da soldatini, con un pezzo di legno fanno un fuciletto.Devono essere ricostruiti, come le capanne”

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